Lettori fissi

giovedì 11 dicembre 2014

Malone muore (forse).

Eccomi in un’altra pagina. Lo spazio che mi separa dalla precedente non è casuale, rappresenta il tempo che è trascorso da quando ho letto le ultime cose e di conseguenza da quando ho scritto, anzi riscritto. Sì, perché di tempo ne è passato tanto da quella volta.
Non so perché ho interrotto la lettura, non saprei spiegarmelo. Di certo sono stato distratto da avvenimenti esterni ed estranei al libro.
Forse mi sono fermato in occasione di una vacanza. Sempre porto dietro con me un libro, e a volte anche più, quando viaggio, ma questo che sto leggendo non si presta molto ad una lettura rilassante quale dovrebbe essere quella richiesta nei momenti di vacanza.

Adesso anche questa seconda lettura è finita. Non so se basta, oppure proverò ad affrontare nuovamente la lettura di questo romanzo, se mi arrischierò cioè in un altro tentativo, perché in certi momenti davvero mi sembra di correre un rischio a leggere queste pagine, rischio di perdermi, di non riuscire più a leggere altro.

La conclusione la sintetizzo in poche frasi e, come succede in questi casi, anch’io sono consapevole che così facendo mi sottopongo al rischio di eccessiva semplificazione e di conseguenza banalizzazione, quando so che su questo lavoro sono stati spesi i classici fiumi di inchiostro, ma io non ho le competenze per parlare tanto o di fare approfondite analisi e perciò dirò solo quello che mi sembra di aver capito, o che serve a me per continuare a scrivere.

In questo romanzo c’è quest’uomo, il narratore, che vuole raccontare delle storie, e sono quelle, che crescono, mano a mano che avanziamo nella lettura.
I protagonisti di quelle storie diventano i protagonisti del romanzo, se ne appropriano, lentamente, spudoratamente.
È di loro che si parla adesso, non di altri, né di altro, hanno occupato lo spazio narrativo e non lo lasceranno più fino alla fine, anzi, la fine del romanzo coincide con la loro fine.

E il narratore originario, non può più fare niente per evitare questa appropriazione indebita, non ha più forza, né volontà, e finisce che muore, così come anticipato nel titolo.