Lettori fissi

sabato 2 luglio 2016

sabato 25 giugno 2016

martedì 15 marzo 2016

Ognuno per sé e Dio con tutti

Non me ne ero accorto. Avevo tutto davanti a me e mi stavo lasciando sfuggire un’occasione d’oro. Gli elementi per una storia interessante c’erano tutti, ma a volte, una leggera disattenzione, una lieve distrazione, e tutto passa senza lasciare un segno.
Non so com'è successo, ma mentre stavo chiudendo il portone d’ingresso, o per meglio dire il pesante cancello che dà sulla piazza, mi ha attraversato la mente qualcosa di non ben definito ma comunque sufficiente per richiamarmi al mio dovere, quello che ormai considero l’unica attività a cui dovrei dedicarmi se davvero vorrò dare un senso a questa vita da tempo ormai vuota e priva di significato.
Ovviamente sto parlando della scrittura. Sì, perché è di quello che ormai dovrò nutrirmi in questi anni che mi restano, non ho altri interessi, o non riesco a trovarne, se non nel tentativo di inventarmi nuovi mondi che diventeranno nuove avventure, nuove esperienze di cui poter parlare ed all'occorrenza evocare, un coniglio che tirerò a sorpresa da un cappello a cilindro che troppo a lungo è rimasto nascosto ed inoperoso. Dicevo che si erano accumulate in poco tempo delle occasioni che al momento non ero riuscito a cogliere, e chissà dove si erano perse, ma che sono tornate in superficie, o alla luce, proprio quando sono uscito in strada, come se questo passaggio dalla parte del cortile interno del palazzo all'aria fresca del mattino che circolava per tutta la piazza avesse risvegliato in me chissà quali antichi ricordi ma che di antico avevano ben poco dal momento che la padrona di casa l’avevo conosciuta appena un’ora prima, insieme alle due figlie, ai tre cani di varie dimensioni e colori e al gatto che non avevo ancora visto ma che era nascosto in qualche angolo remoto della casa, spodestato e spaventato dall'intrusione nel suo spazio di un nuovo ospite.
Faceva sempre così, all'inizio se ne stava rintanato nella sua cuccia e quando cominciava a prendere confidenza con la gente diventava difficile tenerlo distante, pretendeva la sua abbondante dose di carezze dal malcapitato di turno, come prezzo per avergli limitato lo spazio vitale.
La stanza che mi era toccata in sorte era piena di libri. Mi trovavo bene in uno spazio del genere. È come se attorno a me si fosse elevata una sorta di barriera di protezione. E se anche non conoscevo gran parte degli autori, avvertivo come una sensazione che potevamo diventare amici o che in ogni caso non avrei avuto difficoltà a starci insieme anche solo come semplici conviventi.
Quanto agli animali che si aggirano per la casa, devo solo stare attento che non entrino in stanza, soprattutto quando sono a letto, a dormire, o anche solo a riposare. Non sopporto che se ne vengano in silenzio e comincino a leccarmi le mani, i piedi. Per non parlare poi della faccia, è una cosa che detesto, è più forte di me. Ecco, questo è uno dei pochi motivi per cui potrei fare del male ad un cane.
Cari amici, siete avvisati, state alla larga da me, e comunque non leccatemi, potreste avere delle sorprese a dir poco spiacevoli. Ma basta anche di meno. Non è solo il fatto di leccarmi. Devo stare attento anche a quel gatto. Se lo lasci fare, se mi distraggo un attimo, quello salta sul letto e in poco tempo la coperta si riempie di quei fastidiosissimi e schifosissimi peli che occorre una fatica disumana per toglierli, non se ne vanno via facilmente, è un lavoraccio che mi tiene impegnato per ore di nervoso lavoro senza peraltro ottenere grandi risultati, per cui, anche tu, caro il mio gattino, tieniti alla larga, perché potresti avere anche tu una brutta sorpresa. In un’ondata di terribili incubi l’avevo già visto giocare divertendosi con i miei sneakers appena comprati, lasciando evidenti graffi su gran parte della superficie della pelle che ormai pendeva a brandelli ai lati di ogni scarpa. Stai attento che se solo ci provi non avrò nessuna remora ad aprire la finestra e farti volare dal balcone giù nel vuoto per tutti e quattro i piani, augurandomi fra l’altro di fracassarti quando ti schianti contro il duro marmo che ricopre il marciapiede. No, mi dispiace per te, se mi sfiori le scarpe non avrò pietà.

È questo il tono che volevo tenere con gli animali che si aggiravano per la casa, non avevo nessuna intenzione di cedere o scendere a compromessi, ognuno per sé e Dio con tutti. Non ricordavo precisamente il detto e me l’ero riadattato così, il senso alle parole ero io che dovevo e volevo darlo, non mi importava di niente. Pazienza che non capivano la lingua che parlavo, però per queste cose non serve la conoscenza di particolari nozioni.

lunedì 1 febbraio 2016

Un diario

Se dovessi parlare di quello che ho fatto oggi sarebbe sufficiente leggere quello che ho fatto ieri o l’altro ieri ed il gioco sarebbe bell'e fatto, senza sforzo aggiuntivo. 
Faccio fatica a trovare qualche novità, rinvenire in ciò che ho fatto oggi un elemento che caratterizzi la giornata come qualcosa di diverso da una qualunque altra vissuta di recente, forse un piatto non mangiato da tempo, o la pagina di un nuovo libro, le parole di un brano musicale che avevo dimenticato di aver già ascoltato, tanto il tempo trascorso dall'ultima volta che avevo girato e rigirato tra le mani quel disco di fado, perché, anche questo, è il fado la musica che mi tiene compagnia ormai da mesi, non so distaccarmene senza provare una sensazione di assenza dolorosa, non ci provo nemmeno più, ho paura di una conseguenza che sarebbe necessariamente nefasta, sono prigioniero di queste note musicali che mi accompagnano per una gran parte della giornata, senza riuscire ad ascoltare altro, senza riuscire a fare altro. 

domenica 31 gennaio 2016

Un diario

L’orizzonte fumoso di lontani ricordi, quelli che tornano di tanto in tanto, vorrei sapere perché, immagini che diventeranno via via più nitide, fino a raggiungere una prossimità in cui mi sembra di poter agire, forse per cambiare il corso della storia, della mia storia, e quando tutto sembra pronto, la favola finisce, un sogno troppo a lungo vagheggiato svanisce nel nulla, ma perché dovrà scomparire, quel mondo disperso per sempre?
Se mi mettessi in testa di tenere un diario, probabilmente sarei ripetitivo, mi ritroverei di continuo a parlare delle stesse cose, quelle che faccio durante il giorno, o piuttosto che non faccio, e forse userei anche le stesse parole, nello stesso ordine. 
Dico questo perché le cose che faccio nel corso di una giornata si ripetono ossessivamente anche nell'altra. I pensieri che attraversano la mente si trasferiscono quotidianamente lungo l’arco del tempo nel settore adiacente, è così da mesi ormai, anzi da anni. 
Persino i sogni si sono inariditi.

sabato 30 gennaio 2016

Un diario

Se tenessi un diario rischierei di ripetermi noiosamente, di scrivere ogni giorno le stesse cose e, a volte, persino usando le stesse parole. Sono pressoché sicuro di questo, me lo dico da tempo, sono ripetitivo anche nei pensieri, nelle ipotesi. Scrivere un diario significa raccontare quello che faccio, o che non faccio, ma anche quello che mi viene da pensare, quello che mi passa per la testa.

martedì 19 gennaio 2016

Freddo

Col nuovo anno è arrivato anche il freddo, quello vero, tipicamente invernale. Da qualche parte nei dintorni starà nevicando. Il vento reca un gelo che fa rabbrividire. C’è bisogno di guanti, sciarpa e persino di un cappello.
Questo clima non invoglia ad una passeggiata. E per cena forse ci sta bene un piatto di legumi. C’è bisogno di ferro e proteine e le lenticchie mi sembra una buona idea. Non ci vuole nemmeno tanto, in meno di mezz'ora è tutto pronto, un po’ d’olio per soffriggere un battuto di cipolla e carote, poi una manciata di lenticchie in un po’ d’acqua e per questa sera non ci penso più.

domenica 17 gennaio 2016

Come se non vivessi

Come se non vivessi che per aspettare l’arrivo della sera, dell’oscurità, e confermare che, sì, un altro giorno è passato, posso cancellarlo dal calendario come cosa fatta, uno in meno da vivere.
Sono ossessionato dalla ripetitività delle azioni quotidiane. Per questo leggo, e leggo tanto. Perché così mi sembra di vivere più esperienze, di partecipare, e anche attivamente, a quello che succede nel mondo, anche se a lungo andare dimentico alcuni episodi a cui ho preso parte. Non riesco a tenere a bada tutto, e così prendo nota, sotto forma di appunti, delle cose che leggo, trascrivo le frasi che ritengo interessanti, col proposito di ritornarci su e svilupparle a modo mio, traendo ispirazione per un’altra frase, questa volta mia, o per un piccolo racconto. È così che riesco a sopravvivere. Una storia che si sviluppa e cresce su se stessa. Ho questo debito con i libri e con le storie che contengono: visto che non so descrivere la mia mi affido a quella raccontata da altri.

giovedì 14 gennaio 2016

Il sipario

Si è abbassato il sipario sulla mia vita, troppo presto. Un sabato mattina di gennaio, questo pensiero mi ha svegliato, me lo sono ripetuto svariate volte durante la notte trascorsa da poco, ha attraversato i tanti sogni che hanno abitato il sonno, si è introdotto nei gangli nervosi fino a concretizzarsi come una certezza che non so più tacere. Dovevo trascriverlo, solo così forse smetterà di tormentarmi, solo così potrò archiviarlo come qualcosa di cui ho preso atto, per poter passare ad altro. Un tempo, almeno, era questa la soluzione, agivo così, come fosse possibile rimuovere una verità incontrovertibile, ma adesso no, non è facile, questo non è uguale ad altri pensieri, questo è un attentato alla sanità mentale, da oggi niente sarà più come prima, troppe le confidenze e le confessioni esternate negli ultimi giorni per pensare che possano passare inosservate, e tutte in poco tempo, non sarà una coincidenza, la depressione si sta facendo strada in me e si sta impossessando dei miei organi vitali, lo sento. Me ne accorgo dal momento che non sono più in grado di controllare le parole che pronuncio, i concetti che esprimo, le conclusioni a cui pervengo e che manifesto apertamente ormai davanti ad amici, veri o virtuali che siano, a parenti, a conoscenti, e non più solo a me stesso. Forse è un modo per difendermi, un estremo tentativo di arginare l’avanzata di quella che chiamo depressione, in mancanza di un termine più appropriato alla situazione che sto vivendo. Pensare che parlarne possa aiutarmi a capire cosa sta succedendo, a vedere in faccia la realtà e così poterla affrontare, provando a cambiarla.